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I manuali che ogni autore deve leggere per migliorare la scrittura
Spesso gli autori con cui lavoro mi domandano: ma come fai a individuare subito i buchi di trama? Da dove ti vengono tutte queste idee per risolverli? Non c’è un manuale che potrei leggere per migliorare la mia scrittura?
Certo che c’è. Anzi, ce ne sono diversi, e adoro consigliarli a chi scrive così come a chi, animato da una strana follia degna di un personaggio di Edgar Allan Poe (ma con lo spirito masochistico di Tafazzi), abbia deciso di intraprendere la perigliosa strada dell’editing. Scherzi a parte: più o meno famosi, nascosti tra i meandri dei reparti di nozionistica della vostra libreria di fiducia, i manuali di scrittura sono sempre esistiti e resistono ancora, nonostante alcuni li reputino demodé o addirittura nocivi, perché – secondo loro – soffocanti del libero fluire dell’estro artistico. Un po’ come un manuale basico di cucina potrebbe esserlo per un aspirante chef, rispondo io!
I manuali non esistono per imbrigliare la creatività, nessun compendio potrà mai insegnarvi la vostra voce autoriale, né uno stile. Quello è un processo lento e alchemico, meraviglioso, attraverso il quale, negli anni, ogni autore si spoglia di sé per scoprire il distillato, l’elisir di ciò che vuole esprimere. E si fa leggendo romanzi e racconti, saggi e cronaca, poesie, biglietti della spesa e d’auguri, locandine, diari segreti, slogan, cartelloni pubblicitari, etichette del bagnoschiuma, libretti teatrali. E guardando film, serie tv, cartoni animati, cooking show e ogni prodotto d’intrattenimento possibile. Ascoltando musica, contemplando opere d’arte. Perfino i videogiochi possono aiutare, soprattutto quelli con un impianto narrativo solido, come la serie di “Life is strange”, per citare uno fra i tanti giochi indipendenti che hanno segnato la mia anima letteraria (ma come dimenticare “Everybody’s gone to the rapture”? E “The last day of June”, e “What remains of Edith Finch”? E potrei menzionarne ancora). Si legge, osserva, ascolta; poi si imita; infine, se si è abbastanza testardi e ci si allena a sufficienza, continuando a scrivere, si trova uno stile che continuerà a evolvere per tutta la nostra vita.
Non è questo che fa un manuale. Come i dépliant di montaggio di Ikea – non me ne vogliano i puristi –, i manuali di scrittura possono darvi istruzioni su come far funzionare una storia, l’ambientazione, i personaggi. Van Gogh aveva un tratto unico, personale, ma avrà pur dovuto sapere tecnicamente come intingere il pennello nell’acqua, e con quale quantità e qualità di colore segnare la tela. Quale canovaccio scegliere? La consistenza migliore la ha il lino, oppure un altro materiale? E le setole? E il bistro per lo sfondo, come si prepara? Quale legno, una volta combusto, lo rende più o meno coprente?
Tecnica, meccanica, istruzioni. Consapevolezza narrativa. Ritmo, montaggio. Ingranaggi. Di questo parlano i manuali di narratologia, e se siete arrivati a leggere fin qui significa che quelli che ho consultato all’epoca per imparare a costruire la tensione e la curiosità nei lettori mi hanno insegnato bene.
I primi due che voglio consigliarvi sono adatti a chi è alle prime armi, ma anche a chi crede di non esserlo. Si tratta di “Lezioni di scrittura creativa” e “Master di scrittura creativa” della Dino Audino Editore, ricchi di informazioni specifiche, spiegate con semplicità, sui principali strumenti narrativi che ogni autore dovrebbe avere in valigia. Considerateli un corso base – il primo – e avanzato – il master – di narratologia, che vi permetteranno di dare un nome a “quella tecnica lì che ho visto in un paio di romanzi, vorrei tanto saperla ricostruire anch’io” e di esercitarvi, rianalizzando i vostri testi sotto una luce nuova.
Pietra miliare della narratologia, benché si tratti di un manuale di sceneggiatura, è “Story” di Robert McKee. Questo è da leggere con tanto di matita pronta a sottolineare, dopo aver digerito i primi due manuali. Vi sconvolgerà per la sua esattezza, e vi fornirà strumenti tecnici che perfezioneranno le vostre conoscenze. Il libro è ricco di schemi ed esempi tratti da film famosi, che vi aiuteranno a raffinare la vostra capacità di analizzare in modo enzimatico ogni scena, ogni parola.
Impossibile non citare “Il viaggio dell’eroe” di Vogler e “L’arco di trasformazione del personaggio” di Marks, grazie ai quali comprenderete come i personaggi non siano ruoli e il modo in cui sfruttare gli atti in cui si suddividono le storie per suscitare emozioni nel lettore. Di questi esistono innumerevoli varianti, adattate ad esempio all’eroina, alla vergine e ad altri archetipi di personaggio.
Infine, voglio consigliare un ultimo manuale, diverso dagli altri. Non è tecnico; non insegna a sporcarsi le mani di grasso mentre si stringono le viti di una storia. Questa è una carezza all’anima, dedicata a chi soffre della sindrome dell’impostore, a chi crede che non ce la farà mai, ma soprattutto a chi si sente in colpa se non dimostra continuamente a sé stesso e al mondo di essere davvero uno scrittore, fino a logorarsi. Se vi riconoscete in una di queste categorie, se la scrittura vi genera ansia e amore al contempo, leggete “Scrivere zen” di Goldberg: vi sentirete perdonati. Guarirà il vostro bambino interiore, quello che voleva e vuole, ancora oggi, semplicemente scrivere. E ne ha tutto il diritto.
Alan Bassi
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